Alla fine, oltre a non essere riusciti a blindare il ddl intercettazioni, gli hanno pure rovinato le vacanze. Il premier è dovuto rientrare a palazzo Grazioli per rivedere tutta la strategia. Perché sa che il Governo non deve cadere. Quindi basta guerra aperta con Gianfranco Fini, ai suoi occhi apertamente sostenuto dal Quirinale; via libera alla ricerca di sostegni esterni, Udc in primis; blindare la fedeltà della Lega per avere garanzie che Bossi e padani non diano il sostegno a Giulio Tremonti per un eventuale governo tecnico. Il tentativo di portare a casa la legge bavaglio entro l’estate è dunque ufficialmente fallito. Berlusconi lo sa. Schifani lo dice: “L’esame del ddl si farà comunque dopo l’estate”.

Il messaggio di tregua arriva in serata. Ma non provoca gli effetti sperati. Fini, poco dopo, incontra Sandro Bondi a un convegno e lo costringe alle corde con pesanti affondi. Il presidente della Camera rivendica il “diritto al dissenso”, accusa il Pdl di “sudditanza” alla Lega, critica il caso Brancher e il caso Cosentino. Bondi ribatte definendo Fini “un serio impedimento al partito” e paventa il pericolo di “comunisti al governo”. E quel “comunista” del Quirinale, già nel pomeriggio, aveva inviato lo stop al ddl intercettazioni da Malta, invocando “modifiche adeguate”. Giorgio Napolitano è limpido: “I punti critici sono chiari, valuteremo obiettivamente se verranno apportate modifiche adeguate. Non ho l’abitudine di tornare sui consigli dati né di esprimere alcun giudizio se siano stati seguiti o perché non lo siano stati. Valuterò alla fine”. Talmente chiaro che l’avvocato del premier e deputato Pdl Niccolò Ghedini sbotta: “Se vuole valutare le criticità tecniche si faccia eleggere”. Dichiarazione che scatena un’ovvia sequenza di attacchi dall’opposizione. Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, lo richiama all’ordine: “Nessuno può parlare così del presidente”, mentre l’Idv sintetizza con un “delirio di onnipotenza” le esternazioni di Ghedini.

Questo lo scenario che il premier trova al suo rientro a palazzo Grazioli. Ai suoi ripete di essere molto stanco ma anche molto preoccupato. Ha dovuto rivedere il suo calendario che prevedeva, dopo la missione all’estero, una pausa ai Caraibi nella sua villa ad Antigua. Per il momento slittata solo di qualche giorno. Alle brutte notizie di Malta si aggiunge il fallimento della pacificazione tentata con i finiani. Nel pomeriggio infatti i tre coordinatori del Pdl, Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini, avevano ricevuto gli ambasciatori finiani, Italo Bocchino e Andrea Augello, in via dell’Umiltà. Incontro definito “cordiale”, ma la mediazione è andata a vuoto, considerato l’attacco successivo di Fini allo stesso Bondi. Accantonata al momento anche la manovra di avvicinamento dell’Udc. Gli uomini di Casini, infatti, potrebbero essere un piccolo tassello di sicurezza a una maggioranza in bilico ma non sfilacciata come appare oggi. Berlusconi lo sa bene e ieri, saputo dello scontro Fini-Bondi, poco dopo le 21 ha convocato a palazzo Grazioli il fedelissimo sottosegretario Gianni Letta, il guardasigilli Angelino Alfano e Niccolò Ghedini. Un vertice per pianificare la strategia, rinsaldare i pezzi del Pdl evitando così di rimanere sotto le macerie della frana che ha colpito il partito. Alcuni osservatori interessati consigliano al premier di non rivolgersi a Bertolaso, visti i risultati della ricostruzione in Abruzzo.

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