La Nigeria, come praticamente tutti gli Stati africani fino all’Ottocento, era un insieme di regni tribali che i colonizzatori hanno riunito con confini aleatori e tracciati sulle mappe. Come nel resto del continente, le varie tribù ed etnie hanno convissuto nella costrizione unificatrice delle regole occidentali, ma senza perdere del tutto tradizioni, saperi e gerarchie precedenti.

L’orgoglio patrio si declina e frammenta nell’appartenenza al paese, al luogo d’origine, al villaggio, alla famiglia. E ne deve rispettare regole e convenzioni. Il capo-famiglia, tribù, e su fino al capo del paese detta la legge alla quale sottostare. E decide la pena per chi non ha rispettato gli impegni presi verso la nazione, il suo popolo, il suo gruppo d’appartenenza.

Buon esempio di questo è la decisione del neo-presidente nigeriano che ha di fatto ritirato la squadra nazionale dalle competizioni per due anni dopo la magra figura della squadra ai Mondiali sudafricani. Una decisione, quella di Goodluck Jonathan, che ha il piglio del dittatore, ma anche quella del padre della patria, dell’anziano del villaggio che punisce chi ha disonorato popolo e paese che rappresenta.

Questo non piace alla federazione internazionale che non ammette “ingerenze politiche” ma forse non dispiace a chi del grande villaggio che è la Nigeria fa parte.

(per saperne di più sull’Africa continente Mondiale:
http://mondialiconlafrica.wordpress.com/)

Articolo Precedente

Il sindaco punk rock di Reykjiavik

next
Articolo Successivo

Un vulcano ben educato

next