“Abbiamo sempre fortemente disdegnato ogni tipo di commissione per le stragi del 1993, perché sfiduciati da anni di battaglie condotte con grande fatica nel silenzio”. Giovanna Maggiani Chelli, portavoce dell’Associazione tra i familiari delle vittime di via dei Georgofili, non è per niente soddisfatta dalla relazione su “I grandi delitti e le stragi di mafia del 1992-93” che Beppe Pisanu, presidente della Commissione parlamentare Antimafia, ha presentato oggi, all’indomani della condanna a sette anni del senatore Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Una relazione, quella di Pisanu, che ammette l’esistenza in quegli anni di “qualcosa di molto simile a una trattativa tra Stato e Cosa Nostra”, ma che per Maggiani Chelli è fatta solo di “tante belle parole, tanti passaggi interessanti, ma niente fatti concreti. Ora serve un processo chiarificatore sulle bombe del ’93 visto che le procure interessate possiedono fiumi di materiale d’indagine, non certo solo sui servizi segreti deviati. Vanno individuate le responsabilità trasversali della politica”.

Perché secondo lei la relazione Pisanu non porta a nulla?

È un tentativo di salvaguardare la politica che ne esce santificata. È sempre questo il risultato delle commissioni d’inchiesta. Quella Antimafia è bipartisan: ci sono dentro tutti e tutti devono uscirne puliti.

Pisanu dice che nel periodo ’92-’93 ci fu una trattativa tra la mafia e certe parti dello Stato. Sembra così smentire chi ne ha negato l’esistenza, dopo che il senatore Dell’Utri è stato assolto per i fatti successivi al 1992.

Sì, ma la sua relazione tira in ballo i servizi segreti deviati: una costante per le stragi avvenute nella storia del nostro Paese. Tesi che anche Walter Veltroni ha sposato nei giorni scorsi. Di buono nella relazione c’è però che viene usata la parola “trattativa”, una parola che molti devono ancora digerire. Ora bisogna capire se questa trattativa riguarda solo certe parti dello Stato o se vi è coinvolta tutta la politica. Ci vuole un processo penale che attribuisca le responsabilità ai colpevoli.

Quindi dietro a mafia e servizi segreti potrebbe esserci stato dell’altro?

Giuseppe Ferro, boss di Alcamo poi pentitosi, sulle bombe disse: “Noi non c’entravamo, lo abbiamo fatto per qualcun altro”. E anche i servizi segreti, se coinvolti, è probabile lavorassero per qualcuno.

Alcuni pensano a Forza Italia, che proprio in quel periodo stava per nascere.

Quando scoppiano bombe con tutto quel tritolo ci sono più inneschi. Secondo noi la trattativa non fu solo con uno schieramento politico, ma ci fu un interesse trasversale. Se fosse stata coinvolta solo Forza Italia, sulla trattativa non ci sarebbe stato un silenzio lungo 17 anni.

Perché la politica era interessata a un patto con Cosa Nostra?

In quegli anni tutta la penisola era messa sotto sopra dalle indagini dei magistrati, da nord a sud: a Milano c’erano le inchieste di Mani Pulite, a Palermo quelle di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Qualcosa che non conosciamo ancora fu scoperto e tenuto nascosto, sennò sarebbe saltato il banco. Tutti rubavano: dietro le stragi c’erano questioni di denaro accumulato grazie a operazioni illecite.

Si rischiò un colpo di Stato, come sospettò l’allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi?

Non credo. Rubavano tutti e chi ha la borsa piena non organizza colpi di Stato.

Pisanu ha osservato che una delle richieste di Cosa Nostra fu l’abolizione del 41 bis, il carcere duro per i mafiosi.

Scopre l’acqua calda: noi diciamo la stessa cosa da anni. Indicativo è che il 41 bis fu revocato a 130 mafiosi rinchiusi nel carcere dell’Ucciardone poco prima dell’attentato programmato per fare strage di Carabinieri all’Olimpico. Attentato che poi non fu portato a termine.

Dopo 17 anni, cosa vi aspettate?

Che chi si riempie la bocca di concetti come “servizi segreti deviati” sia un giorno in grado di fare nomi, cognomi e indirizzi delle persone coinvolte. Ma siamo demoralizzati dal silenzio che ci ha circondati per tutto questo tempo.

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