Non ha ancora un nome ma già si preannuncia come il più importante start-up finanziario dell’imprevedibile colonnello Muammar Gheddafi. E’ questa la nomea che già circonda il primo fondo speculativo (hedge fund) libico pronto a debuttare a Londra, una creatura frutto dell’intesa tra la britannica Fm Capital Partners e la Libyan Investment Authority, il principale fondo sovrano di Tripoli. Le operazioni, ha rivelato il quotidiano britannico The Indipendent, potrebbero partire a breve, possibilmente entro la fine dell’estate. Si attende ancora il nulla osta da parte della Financial Service Authority, la Consob d’Oltremanica, ma l’Ok appare scontato. Tanti, e soprattutto convergenti, gli interessi in gioco. Dalla necessità britannica di alimentare la ripresa del proprio mercato finanziario con l’innesto di capitali stranieri alla voglia di Tripoli di emanciparsi, almeno in parte, dal semi isolamento internazionale che continua a caratterizzare il Paese.

L’ingresso dell’hedge nella City dovrebbe rappresentare la testa di ponte di un ambizioso asse finanziario sulla rotta Londra-Tripoli. Posto alla guida della creatura, l’ex trader di Merrill Lynch e Bear Stearns Frederic Marino ha rivelato di essere impegnato in un’importante operazione di reclutamento di stimati accademici pronti a svelare i segreti della finanza agli ambiziosi operatori libici. Gli yuppies della Jamahiriyya, insomma, si preparano per il primo giorno di scuola con la speranza, in futuro, di acquisire le competenze necessarie per investire nella principale piazza europea. L’obiettivo finale di un piano avviato molti mesi or sono.

Il fondo sovrano libico si era presentato ufficialmente a Londra alla fine di agosto 2009 quando, rivelò allora il Guardian, i suoi amministratori avevano sborsato 275 milioni di sterline per acquistare due prestigiosi edifici nel cuore della capitale. Già allora si parlava di “trampolino di lancio”, e le condizioni, a ben vedere, c’erano tutte. Il boom petrolifero degli anni precedenti aveva riempito le casse del fondo di Tripoli mettendo il Paese nell’invidiabile condizione di poter spendere in modo disinvolto in tempi di diffusa crisi di liquidità. Tra la Libia e la Gran Bretagna, intanto, i rapporti di affari andavano consolidandosi. L’export di Londra verso la Repubblica Araba sarebbe cresciuto del 51% entro la fine dell’anno viaggiando di pari passo con una distensione diplomatica senza precedenti.

Il 20 agosto 2009 Londra ha scarcerato Abdelbaset Ali Mohmed Al Megrahi, l’ex agente dell’intelligence libica condannato all’ergastolo per l’attentato al volo PanAm 103, schiantatosi con i suoi 270 passeggeri presso la cittadina scozzese di Lockerbie nel dicembre del 1988. Dietro al provvedimento – emesso a qualche mese di distanza da un misterioso incontro avvenuto a Becici, in Montenegro, tra  Saif Gheddafi, secondo dei sette figli del presidente, il businessman russo Oleg Deripaska, il banchiere Nat Rothschild, il finanziere indiano Lakshmi Mittal (il quarto uomo più ricco al mondo) e il ministro britannico delle attività produttive Peter Benjamin Mandelson – c’era ufficialmente una motivata ragione umanitaria. Al Megrahi, dissero i medici, era affetto da un tumore allo stadio terminale e desiderava morire in patria. Il problema è che a distanza di dieci mesi l’ex ergastolano è ancora vivo e, a quanto pare, piuttosto in buona salute. La sua liberazione, sospettano ora in molti, potrebbe essere stata parte di un mega accordo diplomatico inteso a normalizzare i rapporti tra i due Paesi. Un traguardo quest’ultimo che potrebbe essere raggiunto in fretta. A patto che alla buona volontà si affianchino i sempre affidabili petroldollari.

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