“Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva”. Così recita la citazione in apertura del suo capolavoro più conosciuto, “Cecità”. E in effetti nessuno come lui ha saputo studiare l’Uomo, “nella sua grandiosità e nelle sue debolezze” in un quadro di così grande respiro. Ha perso molto il mondo della cultura: portoghese, Premio Nobel per la Letteratura nel 1998, José Saramago è considerato uno più grandi scrittori dell’era contemporanea.

Particolare il suo stile, a cominciare dalla punteggiatura – periodi lunghi anche piu’ di una pagina – originali le sue storie che spesso come nel caso di “Cecita’” o “Le intermittenze sulla morte” iniziano con un avvenimento inaspettato, surreale e assurdo senza cornici spaziali o temporali. Pretesti per lasciare al centro dell’attenzione solo l’uomo, l’animo umano nelle sue pieghe più nascoste, e raccontarle con un sottile filo d’ironia e una vena di profondo disincanto.

Fece molto scalpore il suo “Il vangelo secondo Gesù Cristo”, tanto da fare infuriare l’intera gerarchia cattolica portoghese: rivisitando la tradizione evangelica, Saramago si prese audaci ed ampie libertà descrivendo Gesù come una persona normale, un giovane in perenne conflitto tra paure e ansie. Descrisse Maria Maddalena come l’unica persona a soffrire indicibilmente per la sua morte (Maria resterà invece assente) e soprattutto descrisse un dio da lettera minuscola, piccolo e superbo, più impegnato a mantenere l’equilibrio con il Diavolo che a salvare i suoi figli.

Una polemica ripresa con l’ultimo lavoro pubblicato, “Caino”, storia di un uomo normale che attraversa la vita portando addosso il marchio del proprio crimine e del suo rapporto con un dio “vendicativo, rancoroso, cattivo, indegno di fiducia”. Del resto, dice il narratore nel libro, “il rapporto dell’uomo con dio è frutto di una costante incomprensione. Né noi capiamo lui, né lui capisce noi”.

Saramago era abituato ad essere circondato da polemiche e a non esserne toccato. Famose le sue critiche nei confronti della politica dello Stato di Israele e dei suoi rapporti coi palestinesi. “Non meriterebbero più comprensione per le sofferenze patite durante l’olocausto” ebbe a dire una volta, attirandosi le ire di mezzo mondo occidentale.

Polemiche a parte, Saramago è stato molto attivo politicamente. Iscritto al Partito Comunista portoghese nel 1969, riuscì sempre ad evitare di finire nelle mani della polizia politica del regime. Dal 1974 in poi si dedicò eslcusivamente alla scrittura arrivando al successo nel 1982 con “Memoriale del convento”, cui seguirono negli anni Novanta “Storia dell’assedio di Lisbona” e “Cecità”.

Intellettuale attivo fino all’ultimo, interveniva spessissimo sul suo blog (proprio oggi l’ultimo post con frasi di un’intervista rilasciata nel 2008), e si era attirato polemiche anche in Italia. Dalle pagine del blog, aveva spesso contestato Berlusconi, paragonandolo a Catilina: “Fino a quando, Berlusconi, abuserai della nostra pazienza? Il Catilina di oggi, in Italia, si chiama Berlusconi. Non ha bisogno di dare la scalata al potere perché è già suo, ha abbastanza denaro per comprare tutti i complici di cui ha bisogno, compresi giudici, deputati e senatori. È riuscito nell’ impresa di dividere il popolo italiano in due parti: quelli cui piacerebbe essere come lui e quelli che già lo sono”.

Di qui la decisione di Einaudi (gruppo Mondadori), fino ad allora il suo unico editore in Italia, di non pubblicare una raccolta di scritti, il “Quaderno”, poi edito da Bollati Boringhieri. E lui, anche in quell’occasione, non si scompose nemmeno un po’, salvo poi cambiare editore e passare a Feltrinelli: “Tutti – sentenziò – hanno il diritto di indignarsi, per quello che accade nelle sfere della politica e della religione o della società stessa, se a loro sembra che ci sia del male”.

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