Un appunto di don Vito e la traccia sulle origini dell’odore dei soldi

La legge dei vasi comunicanti sta per sconvolgere il processo Dell’Utri. Le carte prodotte da Massimo Ciancimino, e depositate dai pm, nel dibattimento di primo grado sulla trattativa tra Stato e mafia stanno per confluire come un fiume in piena sul processo di appello a Marcello Dell’Utri.

Il Fatto pubblica uno dei documenti che sono stati trasmessi dai pm Antonio Ingroia e Antonino Di Matteo perché ritenuti rilevanti per sostenere le accuse di mafia contro il braccio destro di Berlusconi. Si tratta di un foglio di appunti che – secondo la versione di Massimo Ciancimino, ritenuta credibile dai pm – sarebbe stato scritto nel 2000 da don Vito quando meditava con il figlio di scrivere un libro di memorie particolarmente indigeste per Berlusconi e compagni.

L’appunto si apre con un’intestazione che è tutto un programma: "Berlusconi-Ciancimino" e continua così "Marcello Dell’Utri, Milano-truffa bancarotta, Ciancimino Alamia, Dell’Utri Alberto". La spiegazione di Ciancimino jr a queste annotazioni del padre riporta a fatti di trenta anni fa che sono stati già oggetto di procedimenti penali, come quello della bancarotta della Inim di Alamia e Rapisarda.

Francesco Paolo Alamia era un terminale degli investimenti siciliani a Milano negli anni in cui Ciancimino era in affari con lui. Allora Marcello Dell’Utri aveva lasciato momentaneamente l’amico Silvio ed era passato alle dipendenze del finanziere Filippo Alberto Rapisarda che poi diverrà il grande accusatore di Berlusconi quando racconterà ai magistrati i rapporti tra il Cavaliere, Dell’Utri e la vecchia mafia.

Secondo Massimo Ciancimino, il padre voleva offrire nel libro in preparazione la sua versione sugli investimenti milanesi di Alamia e sui rapporti del padre con il Cavaliere. In quello che si annunciava come il capitolo più piccante della biografia avrebbero avuto un ruolo di primo piano i costruttori siciliani rappresentati da Alamia e Ciancimino e i fratelli Dell’Utri, Alberto (coinvolto nella bancarotta di Rapisarda) e Marcello. Oltre a questo pizzino, i pm Di Matteo e Ingroia hanno trasmesso al procuratore generale Gatto, che sostiene l’accusa a Dell’Utri, anche un secondo foglio redatto nel 2000 – sempre secondo Massimo – dalla mano di don Vito.

Vi si legge uno schemino dei rapporti finanziari di Ciancimino padre con i costruttori mafiosi di Palermo e una ricostruzione (come al solito ermetica e incomprensibile senza l’ausilio di Massimo) dei flussi che in quegli anni andavano da Palermo a Milano. In particolare, disegnando la ricostruzione a posteriori del senso di quelle note paterne, Massimo Ciancimino descrive questo scenario: gli imprenditori palermitani legati ai corleonesi Franco Bonura e Salvatore Buscemi (poi arrestati come boss ma allora incensurati) avrebbero investito alla fine degli anni settanta i soldi ricavati dalla cessione degli immobili realizzati in Sicilia dalla loro società “Lurano Srl” a Milano 2, proprio il cantiere del giovane Berlusconi. Questi appunti sono ritenuti importanti dai pm Ingroia e Di Matteo per il processo Dell’Utri perché sarebbero riferibili a Vito Ciancimino.

E vanno letti quindi insieme alla missiva a Berlusconi prodotta ieri da Massimo Ciancimino e scritta dal padre molti anni prima, cioé nel 1994. I pm, alla luce di questi pizzini del 2000, interpretano quel messaggio minaccioso. Secondo la letturadell’accusa, don Vito, stufo di stare in carcere e di vedere il "suo" premier inattivo sul fronte dei benefici carcerari, scrive a Dell’Utri e (per conoscenza) a Berlusconi per minacciare un "triste evento". Ci sono due versioni della missiva agli atti. Nella prima versione – più gradita ai boss Provenzano e Riina – il triste evento era di tipo violento (sequestro e uccisione di un familiare); in una seconda versione che è stata consegnata ieri ai pm e trasmessa al procuratore Gatto, invece, Vito Ciancimino inserisce una minaccia di un triste evento che secondo lui può intimidire molto di più Berlusconi.

L’evento non è più luttuoso ma “giudiziario”. Don Vito Ciancimino intima a Berlusconi di muoversi perché altrimenti lui convocherà una conferenza stampa. Più volte ieri il pm Di Matteo ha chiesto a Massimo Ciancimino di spiegare cosa avrebbe potuto rivelare don Vito di tanto imbarazzante per il premier. Il figlio del consigliori di Provenzano ha risposto: "Avrebbe potuto rivelare che Forza Italia era il frutto della trattativa con la mafia".

Ma probabilmente in quella conferenza stampa don Vito, secondo Massimo Ciancimino, avrebbe potuto raccontare molte cose anche sui presunti rapporti con i costruttori siciliani per Milano 2. Ma di questo, se il pg Gatto e la Corte di Appello lo riterrà, si parlerà al processo Dell’Utri.

Da il Fatto Quotidiano del 9 febbraio

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