C’è un uomo che dalla primavera del 2009 va in giro per giornali, e non solo, e rappresenta un’altra mina vagante per il presidente del Consiglio. Si chiama Fabrizio Favata, è un imprenditore milanese caduto in disgrazia, che è stato in affari con Paolo Berlusconi. Giovedì scorso è andato a l’Unità e all’uscita è stato perquisito dalla polizia giudiziaria. Sarebbe Favata ad aver consegnato all’editore de Il Giornale, dopo averla fatta ascoltare ad Arcore anche a Silvio Berlusconi, l’intercettazione della telefonata tra l’allora presidente di Unipol, Giovanni Consorte e Piero Fassino.

Il segretario dei Ds chiese: “Siamo padroni di una banca?”, riferendosi alla scalata Bnl. L’intercettazioneche pesò sulla campagna elettorale 2006 – fu pubblicata una settimana dopo da Il Giornale, anche se non era stata ancora trascritta e ne erano a conoscenza solo i magistrati e la Guardia di finanza.

Per quel “dono”, Berlusconi avrebbe promesso a Favata “eterna riconoscenza”. L’imprenditore, ha aspettato invano fino al 2008, quindi ha cominciato a contattare diversi giornalisti, senza però fornire prove del suo racconto. Ha bussato anche alla porta di Antonio Di Pietro, per due volte. Alla seconda, l’ex pm si è presentato alla procura di Milano e ha messo a verbale quanto gli fu raccontato.

Favata da alcuni mesi è indagato dal pm Meroni per estorsione e ricettazione, mentre per rivelazione del segreto d’ufficio e accesso abusivo del sistema informatico, è indagato Roberto Raffaelli, ex amministratore delegato della Research control system (Rcs), società che da anni e per diverse procure, esegue intercettazioni.

Proprio la Rcs intercettò Consorte e Fassino e proprio Raffaelli avrebbe portato il file ad Arcore con Favata. Così ha sostenuto l’imprenditore con gli interlocutori che ha cercato. Ma davanti al pm si è avvalso della facoltà di non rispondere. Invece Raffaelli ha fornito un’altra versione.

Ha ammesso di essere stato da Berlusconi , ma per cercare di far ottenere alla sua società un appalto in Romania. Finito sotto inchiesta, Favata, forse nella speranza di poter ancora avere la sua ricompensa, è andato nello studio di Ghedini. Dove avrebbe parlato con l’avvocato Cipollotti che gli ha suggerito di farsi difendere da Giorgio Perroni, già legale di Cesare Previti.

L’avvocato ci ha confermato che è stato il difensore di Favata per pochi mesi. Intanto l’imprenditore, incurante dell’indagine a suo carico, avrebbe lavorato per raccogliere altri elementi di prova dell’incontro ad Arcore, forse per provare a intimorire il premier. Tre giorni fa a l’Unità ha raccontato di avere “un memoriale e una serie di file audio” che – ha scritto il vice direttore Bellu – “non mostra né fa ascoltare”.

Tra questi file c’è una chiacchierata registrata con Raffaelli che confermerebbe il suo racconto. All’uscita del quotidiano, Favata è stato perquisito dalla polizia giudiziaria che lo aveva seguito su incarico del pm Meroni. Perquisita anche l’Unità e interrogata, come persona informata dei fatti, la giornalista Claudia Fusani, che il 9 dicembre rivelò l’inchiesta milanese.

da il Fatto Quotidiano del 7 febbraio

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