Questa sera a Tetris, il programma di Luca Telese (su La7 alle 21.10), si parla del grande equivoco intorno a Sergio Marchionne. Nel 2004 si insedia alla guida di una Fiat praticamente distrutta, la risana, lancia la 500, porta il titolo a 24 euro (ora ne vale circa 9). E il manager abruzzese trapiantato in Canada diventa una specie di Barack Obama aziendale, il messia che è riuscito a salvare la più grande società del Paese da un collasso all’apparenza inevitabile.

Poi succede che Marchionne inizia a dire che dopo la crisi resteranno soltanto pochi produttori e quindi è meglio essere predatori che prede. Prova a conquistare la Opel, non ci riesce, ma nel gennaio 2009 mette le mani sulla più piccola delle Big Three di Detroit, l’agonizzante Chrysler. E a quel punto si inizia a capire che, forse, su Marchionne in Italia si sono sbagliati in molti. Quando Obama dice che ha deciso di concedere un prestito ponte a patto che Fiat ci metta le tecnologie per costruire auto a minore consumo. E Fiat appare improvvisamente simile al suo capo operativo, italo-americana, globale.

Il manager dal maglione blu non è (o almeno non pienamente) quell’esponente di una neo-borghesia illuminata pronta a una vocazione politica, a risanare oggi l’azienda e, magari, domani il Paese. E’ un manager anglosassone che vuole far sopravvivere l’azienda, massimizzare il valore per gli azionisti e quindi distribuisce i dividendi nonostante un bilancio in rosso di 800 milioni perché i mercati devono credere al suo ottimismo sul futuro di Fiat-Chrysler. E poi, il giorno dopo, mette in cassa integrazione 30 mila dipendenti in Italia, così il governo si rende conto di che succede se crolla la domanda (e quindi farà bene a sganciare in fretta i nuovi incentivi alla rottamazione).

Marchionne non è di sinistra nel modo in cui qualcuno lo immaginava. Parla di socialdemocrazia, certo, ma non è disposto a farsi interprete di un nuovo assistenzialismo. Quindi Termini Imerese, in Sicilia, chiuderà a fine 2011. Non si torna indietro. Perché se la vecchia Fiat poteva reggersi sull’opaco scambio occupazione contro sussidi, quella di Marchionne non può. E’ un’azienda nuova. E Marchionne non è quel salvatore della patria che molti avevano immaginato. Soltanto un manager, senza ambizioni politiche e senza velleità "di sistema", non un ministro dell’economia ombra, ma un dirigente d’azienda. Esemplare di una specie rara in Italia.

Questa sera se ne discute a Tetris, dopo lo sciopero di 4 ore dei sindacati. Interverranno Roberto Cota, presidente dei deputati della Lega Nord e candidato in Piemonte per il Pdl, Giuseppe Bortolussi, candidato del centrosinistra per il Veneto, Maurizio Belpietro, Evelina Christillin e il governatore della Puglia Nichi Vendola. La giuria composta dai giornalisti David Parenzo, Marco Ferrante e Sergio Rizzo decreterà il vincitore della puntata.

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