Ricomincia domani, dopo due mesi di stop, l’udienza preliminare per il caso dello spionaggio Telecom. In aula però di quello che era il più grave scandalo dall’epoca dei dossier del Sifar è rimasto poco.

Una legge bipartisan del governo Prodi approvata a tempo record nel 2006 ha di fatto imposto la distruzione di tutti i fascicoli contenuti nell’archivio Zeta di Emanuele Cipriani. Il Segreto di Stato sui rapporti tra l’ex capo del contro-spionaggio Marco Mancini e la Telecom, imposto da Berlusconi, ha reso estremamente complicata la possibilità che si arrivi a un processo nei suoi confronti.

Le indagini della procura di Milano, da più parti criticate per la loro eccessiva prudenza, hanno portato solo a una contestazione della legge 231 (di fatto un omesso controllo sulle attività della security) nei confronti di Telecom. La montagna insomma ha partorito un topolino. Tronchetti e gli altri top manager sono solo testimoni

E i loro dipendenti, considerati infedeli, hanno finito per patteggiare l’associazione per delinquere e le altre accuse. Davanti al gup l’imputato principale, Mancini a parte, è così Cipriani al quale sono stati sequestrati 14 milioni di euro, a lui versati da Telecom. E in attesa delle decisioni del giudice resta un’unica certezza. La verità si allontana. Per sempre.

Da il Fatto Quotidiano del 31 gennaio

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