È un discorso politico quello che Hillary Clinton ha tenuto ieri al Newseum di Washington. Il segretario di Stato Usa ha parlato in diretta web: dietro di lei campeggiava una scritta che non lasciava adito a dubbi: Internet Freedom, questo il titolo del suo discorso.

Solo pochi giorni fa, scoppiata la guerra tra Google e il governo cinese (per il mutato approccio del motore di ricerca sulla censura), l’ex first lady aveva chiesto "chiarimenti" a Pechino, e anche Obama aveva ribadito la sua contrarietà ad ogni censura.
Ieri la Clinton ha riproposto queste posizioni con un discorso articolato che probabilmente entrerà nei libri di storia. Dopo anni di guerra preventiva ed Enduring Freedom, la massima potenza mondiale indica Internet come asset strategico della democrazia.
Tre i punti toccati nel discorso: l’importanza di una rete libera; la condanna di ogni censura (un monito per il governo cinese ma non solo); e il ruolo di capofila che gli Usa intendono giocare in questa battaglia.

Parole nette, a cominciare dalla libertà: "Mai come in questo periodo – il discorso della Clinton – l’informazione è stata libera e globale. O avrebbe la libertà di esserlo. L’accesso libero all’informazione è fondamentale per la democrazia".
La censura, invece, è la strada sbagliata: "Ci sono barriere e muri virtuali che vanno abbattuti, oggi, come un tempo abbiamo abbattuto i muri della repressione, e il muro di Berlino".

È vero, non mancano i rischi: "Ci sono pericoli, perché la Rete aperta è stata utilizzata anche da Al Qaeda per lanciare minacce contro il mondo e fare proseliti. Viene utilizzata per pornografia e pedofilia, per rapimenti, mercati neri".
Nonostante ciò "non serve la censura, come hanno fatto Cina, Tunisia, Arabia Saudita, Vietnam o Uzbekistan, per combattere chi usa Internet per scopi malvagi" molto più utile, piuttosto "aumentare la sicurezza, coordinare gli sforzi contro gli hacker in grado di minacciare la nostra economia, dobbiamo assicurare la sicurezza dei nostri network".

Gli Stati Uniti prendono a cuore questa battaglia: "Ci aspettiamo che i governi di altri Paesi ci seguano e si uniscano al nostro stesso impegno, che supportino il tentativo di difendere Internet e la libertà. Dobbiamo lavorare insieme, espandere la definizione di comunità globale. Possiamo farlo solo creando un link che ci unisca".
Non sarà facile, per l’amministrazione democratica, convincere regimi e dittatori a intraprendere questa strada. Ma il discorso segna un punto a capo: d’ora in poi ogni Stato – anche l’Italia – dovrà tenerne conto.

Da Il Fatto Quotidiano del 22 gennaio

Aggiornamento: la Cina oggi ha reagito con durezza al discorso di ieri di Hillary Clinton. In una nota pubblicata sul suo sito web, il ministero degli esteri afferma che le accuse degli Usa "negano la realtà e danneggiano le relazioni tra i due paesi".
"La Cina – continua la nota – ha la sua situazione nazionale e le sue tradizioni culturali e gestisce Internet in accordo con le sue leggi e con le pratiche internazionali. La Costituzione cinese garantisce ai cittadini la libertà di opinione".
Un’affermazione smentita dalla realtà: in Cina la grande muraglia digitale cinese, impedisce di raggiungere articoli con parole ritenute "sensibili" (a cominciare dal massacro di Piazza Tienanmen).
Molti dissidenti sono in carcere: Liu Xiaobo è stato condannato a 11 anni di prigione per aver diffuso sul web un manifesto a favore della democrazia. In questa immagine la differenza nelle ricerche su Google.com e Google.cn prima che Google rimuovesse i filtri imposti dal governo. (f.m.)

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