Trentacinquesimo e trentaseiesimo giorno di protesta: il conto alla rovescia è iniziato da tempo, da noi, e purtroppo non è quello che si fa solitamente a Capodanno. Domani, per molti di noi, oltre a essere l’ultimo giorno dell’anno è anche il giorno in cui scade il contratto, atteso per tutti questi mesi con timore ma anche con la speranza che nel frattempo qualcosa potesse cambiare.

Invece, a 24 ore dalla fine siamo ancora qui ad aspettare una convocazione che quasi sicuramente non arriverà, una considerazione che non c’è mai stata, un intervento dall’alto in cui non riusciamo quasi più a sperare. Eppure, di elementi per agire a nostro favore ce ne sarebbero. Basta pensare ai nubifragi di questi giorni e ai conseguenti effetti del dissesto idrogeologico in regioni come la Toscana, l’Emilia – Romagna e la Liguria.

Ieri, il direttore della Protezione civile, Guido Bertolaso, ha ricordato che è necessario un "programma per mettere in sicurezza il territorio", la cui base, istituzionalmente parlando dovrebbe proprio essere l’ISPRA, che tra i molti dei compiti anche quello del monitoraggio e della prevenzione ambientale. Speriamo che l’eco di questo nuovo disastro umano e territoriale possa rappresentare il tempo zero dell’ambiente italiano e da qui si possa nuovamente muovere per dare concretezza alle lodevoli intenzioni espresse dal Ministro dette pochi giorni fa.

Viviamo quindi nell’attesa di un intervento all’ultimo respiro, con tanti dubbi su cosa accadrà nel nuovo anno, e continuiamo con le nostre attività del tetto: chi prepara la domanda del concorso per ricercatore, su cui si dice penda già un ricorso, chi gioca interminabili partite a briscola e altri che discutono su come organizzare i turni per la notte. In tutti, la solidarietà per chi ha avuto la casa distrutta dall’acqua, ma anche la consapevolezza che forse da domani lo stato avrà a disposizione un po’ meno gente per prevenire questi disastri.

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