Dalla Finanziaria non hanno ottenuto nulla e ora sono in rivolta contro il governo

di Daniele Martini

Il presidente dei costruttori di Catania, Andrea Vecchio, un signore che si è messo in evidenza anche nella lotta contro il racket, ha commissionato su giornali e tv locali una pubblicità che è un pugno nello stomaco, con alberi scheletriti e bare per suggerire l’idea che ormai le imprese del mattone sono defunte o moribonde. A Brescia dove non si vende una casa che è una, il suo collega Giuliano Campana, che è anche vicepresidente nazionale dell’Ance (Associazione nazionale costruttori), ha lanciato addirittura l’idea di far scendere in piazza gli imprenditori in corteo con cartelli e striscioni come fossero tanti metalmeccanici.

In Liguria gli impresari edili stanno preparando l’occupazione di palazzo Tursi perché il comune non paga più i lavori eseguiti e le aziende tirano le cuoia una dopo l’altra. Una rivolta. Che fa il paio con l’umore nerissimo serpeggiante tra i dirigenti delle organizzazioni dei proprietari di case tipo la Confedilizia che ormai si sentono strozzati dalle tasse.

NIENTE PIANO CASA. E se perfino i costruttori e i proprietari di immobili, da sempre considerati una specie di curva sud del centrodestra, si mettono a fare la fronda, vuol dire che per il governo comincia a spirare un’aria davvero gelida. Si sentono sedotti e abbandonati. Hanno ancora negli occhi l’immagine di quando subito dopo le elezioni Berlusconi li indicò al pubblico encomio come la parte più solida del paese, trascinatori dell’economia e dello sviluppo.

Sono passati appena 20 mesi e il quadro è virato dal bianco al nero. Proprio nel momento in cui la crisi si fa più cattiva e imprese e proprietari avrebbero maggiore bisogno del governo, magari attraverso incentivi in grado di smussare le curve più strette, il governo stesso si gira dall’altra parte per due volte di fila, con la Finanziaria e il decreto Milleproroghe.

In un certo senso non c’è da stupirsi se costruttori e proprietari stiano perdendo la pazienza e messe da parte prudenze e diplomazie, si comportino come tanti ultras. Non più a favore del governo, ma contro. Probabilmente non siamo ancora al divorzio perché ovviamente nell’ostentazione dell’arrabbiatura c’è anche un aspetto strumentale, un modo per premere sull’esecutivo tenendolo sotto lo schiaffo di iniziative clamorose per poi portare a casa un risultato. E non è difficile prevedere che la protesta defluirà nel momento in cui il governo alla fine dovesse decidersi a scucire qualcosa.

Ma è anche vero che la crisi del mattone è epocale; i dati Istat parlano di una diminuzione di 94 mila occupati in nove mesi, il quattro per cento dell’intera categoria, il doppio della media generale, mentre secondo una stima Ance le aziende chiuse sarebbero già la bellezza di 20 mila. Stando così le cose, gli eventuali incentivi pubblici potranno tutt’al più curare come un’aspirina un malato che questa volta è grave davvero e quindi anche se la protesta di costruttori e proprietari non è il prodromo di una rottura, è comunque un segnale da non sottovalutare, la spia di un disagio profondo e la fine certa della luna di miele e dell’idillio con il governo.

ZERO EMENDAMENTI. I costruttori, in particolare, tornano all’uso della protesta gridata a distanza di poco più di un mese da un’altra iniziativa che fece scalpore: gli imprenditori riuniti in assemblea permanente nella sede in vetrocemento in via Guattani a Roma per segnalare anche fisicamente al governo "lo stato di disagio della categoria". Questa volta a farsi sentire è una platea ancora più rappresentativa, la Consulta dei presidenti, i rappresentanti delle associazioni delle città capoluogo. Chi ha ascoltato la loro riunione racconta di interventi concitati e barricadieri intessuti di cifre allarmanti sui licenziamenti e le chiusure di aziende a catena. Il documento stilato alla fine ha un titolo raggelante: "Preoccupazioni per il nuovo anno. Per l’edilizia il 2010 peggiore del 2009 senza le misure di sostegno".

Alla Confedilizia sono ancora più espliciti nella critica al governo; il presidente Corrado Sforza Fogliani parla addirittura di "assenza di una politica per l’immobiliare" e di un esecutivo in cui regna "il vuoto assoluto”. L’Ance aveva preparato quattro emendamenti per alleggerire il carico fiscale sulla compravendita di case e per premiare la costruzione di abitazioni verdi, con elevate prestazioni energetiche, ma il governo ha tirato giù le saracinesche. Stesso sbarramento nei confronti di Confedilizia che, facendo leva su uno schieramento bipartisan, avrebbe voluto far approvare la cedolare secca, un’aliquota fissa del 20 per cento sugli affitti al posto della tassazione di quei proventi nella dichiarazione Irpef.

Nel frattempo la maggioranza ha aumentato lo stanziamento per il Ponte sullo Stretto che farà felici solo i soliti e pochi superimprenditori del mattone e approvato i 243 commi dell’articolo 2 della Finanziaria in cui ci sono regalini e regaloni un po’ per tutti, in deroga a quel rigore di bilancio solo evocato dal ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.

Da Il Fatto Quotidiano del 19 dicembre

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