Milano-Palermo, presi Fidanzati e Nicchi: i legami con lo stalliere di Arcore

di Andrea Cottone e Davide Milosa
 

Due arresti da novanta, meno di 24 ore dalla "bomba atomica" di Spatuzza su Berlusconi e i suoi rapporti con Cosa nostra.
 

Da Palermo a Milano, in manette Giovanni Nicchi – conosciuto come ‘u picciuttieddu – e Gaetano Fidanzati.Il ragazzino e il boss navigato che da lontano lo proteggeva e forse garantiva per la sua carriera.

Un colpo – oggettivamente – alla mafia. "Resta solo Matteo Messina Denaro" ripetono gli investigatori. Due operazioni, quella milanese e quella siciliana, molto distinte, che ieri si sono ricongiunte in modo eclatante per la contemporaneità con cui si sono concluse. E per un filo rosso che lega i due boss: i legami con famiglia di Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore.

Nicchi è stato preso a Palermo in una casa a primo piano di un palazzo, in cui abitava un poliziotto, a poche centinaia di metri dal palazzo di giustizia. Ha solo 28 anni ma aveva in mano mezza Palermo. Si tratta del numero 2 di Cosa nostra che, nonostante la giovane età, era già un boss di primissimo livello. "Figlioccio" di Nino Rotolo, pezzo da novanta dei “corleonesi”, era latitante dal giugno del 2006 quando è scattata l’operazione Gotha della squadra mobile di Palermo.

Nelle intercettazioni si sente il "padrino" dare lezioni su come usare la pistola per uccidere. Nel mirino, infatti, c’erano Salvatore e Sandro Lo Piccolo e il giovane Nicchi (allora 25enne) era stato scelto per compiere l’omicidio.
 

Ma, una volta arrestato Rotolo, Nicchi ha dovuto riparare a Milano per sfuggire ai propositi di vendetta dei Lo Piccolo. E nel capoluogo lombardo – oltre a partecipare alle feste – faceva affari: droga e riciclaggio. A Milano era protetto da Alessandro Di Grusa, suo fratello Enrico è sposato con Loredana Mangano, la figlia maggiore dello "stalliere" Vittorio, la regina delle cooperative.
 

A proteggere Nicchi c’era anche proprio Gaetano Fidanzati. Ma dopo la parentesi milanese, il ragazzino torna a Palermo, a comandare. L’enfant prodige della mafia siciliana si mette a capo di una cordata di boss che si opponevano al progetto di rifondazione della cupola mafiosa sventato nel dicembre del 2008.

E per questo era pronto a fare la guerra.
L’estate scorsa è stato sequestrato un arsenale nascosto in due villette negli altipiani che sovrastano Palermo. Armi di Nicchi, dicono gli inquirenti che nell’arresto di ieri hanno avuto un deciso aiuto da parte dei servizi di informazione.
Il resto è opera della squadra ‘catturandi’ della mobile di Palermo, la stessa che due settimane fa ha arrestato il superlatitante Domenico Raccuglia seppur abbiano dovuto mettere di tasca loro i soldi per andare avanti nelle indagini. A più di mille km di distanza altro scenario.

Passeggiava in via Marghera nel pieno centro di Milano. Abbigliamento casual, jeans, giubbotto blu e i suoi soliti occhiali a goccia. Con lui anche il cognato. Erano tranquilli. Poi un uomo della Mobile lo ha riconosciuto. Ha preso il telefono e ha chiamato. "Mandate una volante, ho riconosciuto Gaetano Fidanzati".
 

Lui non ha opposto resistenza. La latitanza di don Tanino, l’ambasciatore di Cosa nostra sotto la Madonnina, finisce così alle 15 di ieri. Era ricercato da circa un anno. Su di lui pesavano due ordinanze d’arresto per associazione mafiosa e omicidio. Fidanzati, secondo il gip avrebbe armato la mano dei killer che il 21 ottobre 2008 uccisero Giovanni Buccaro, amante violento della figlia del boss.
 

Nella serata di ieri sono state effettuate diverse perquisizioni tra il quartiere del Corvetto, storica base dei Fidanzati e il paese di Mediglia.

L’arresto di ieri ha messo fine a una carriera criminale di primissimo piano. Don Tano Fidanzati, famoso per il suo canino d’acciaio, fin dagli anni Settanta si trasferisce a Milano dove traffica droga assieme ai corleonesi Carollo e ai calabresi della ‘ndrangheta legati alla cosca Papalia.
 

Il Corvetto resta il suo regno. Qui in via Romilli ha la sua antica residenza. Qui gestisce i traffici. E come lui, oggi farebbe il figlio, quel Guglielmo Fidanzati, a cui piace la bella vita e per questo passa la maggior parte delle giornate ai tavoli di un noto ristorante in corso Garibaldi, il cui ex titolare – Federico D’Agata – negli anni Ottanta fu coinvolto in un’inchiesta di mafia e riciclaggio.

Ora l’attenzione degli investigatori si allarga a definire la rete dei fiancheggiatori. Al vaglio la posizione di Domenico Papagna, storico nome della malavita milanese attualmente in rapporti con Ugo Martello, boss legato alla famiglia di Bolognetta, ma residente a Milano. Ma potrebbero esserci nuovi sviluppi dell’inchiesta.Recentemente, infatti, un pentito ha raccontato che in un suo viaggio milanese avrebbe incontrato uomini vicini a Fidanzati.

Ha fatto il nome di Enrico Di Grusa, genero di Vittorio Mangano, in passato legato da stretti rapporti con Marcello Dell’Utri.

da Il Fatto Quotidiano del 6 dicembre