IL GOVERNO NON VUOLE SCIOGLIERE IL COMUNE
di Enrico Fierro

I boss vincono. Il Comune di Fondi non viene sciolto per mafia. Si commissaria. Perché sindaco e assessori, tutti del Pdl, una decina di giorni fa si sono dimessi spontaneamente, come si fa dopo una normale crisi politica. Lo ha deciso il governo, e il ministro Maroni ha sbugiardato se stesso: “L’amministrazione comunale non c’è più. Il problema è stato risolto ho proposto di scegliere la via della democrazia. Si vota a marzo”. Buttando a mare il lavoro del prefetto di Latina Bruno Frattasi e stracciando le indagini della procura antimafia di Roma. Eppure tutti a Palazzo Chigi sanno che a Fondi, sede del più importante mercato ortofrutticolo d’Italia, comanda la mafia. Ha assessori a disposizione, consiglieri, funzionari comunali, finanche uomini della polizia municipale. Conquista appalti, controlla le delibere che venivano sottoposte al vaglio del boss di turno prima di essere portate in consiglio. Ma il Comune non si scioglie. Non sono bastate due relazioni del Prefetto Frattasi, due inchieste giudiziarie, diciassette arresti eccellenti, tre consigli dei ministri. La mafia non esiste nel regno di Claudio Fazzone. Un ex poliziotto già autista di Nicola Mancino, poi consigliere regionale di Forza Italia, infine senatore e grande collettore di voti al Pdl. Cinquantamila, per la precisione, quanti ne bastano per avere in consiglio dei ministri appoggi eccellenti: Giorgia Meloni, assidua frequentatrice del Basso Pontino; Renato Brunetta, cognato del sindaco di Cisterna di Latina Antonello Merolla (al quale il senatore Fazzone ha portato centinaia di voti); Altero Matteoli, in ottimi rapporti con i consiglieri Pdl di Aprilia.

Grazie alle loro pressioni la decisione di sciogliere il Comune per mafia è stata rinviata per ben due volte in Consiglio dei ministri. E sarebbero stati loro a suggerire al sindaco Luigi Parisella di dimettersi per evitare un commissariamento speciale. Tutti e tre e l’intero governo hanno di fatto sbugiardato il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Che il 18 settembre scorso ha presentato al Capo dello Stato una relazione durissima chiedendo lo scioglimento per mafia del Comune. “L’ingerenza della criminalità organizzata”, si legge, è pesantissima, tale da condizionare tutte le decisioni dell’amministrazione. A Fondi comandano le famiglie Tripodo- Trani. ‘Ndrangheta. Ma anche i clan della camorra, casalesi, in primo luogo. La loro penetrazione è stata favorita da “rapporti di parentela, frequentazione, contiguità” di amministratori e dipendenti comunali con “soggetti vicini o organici alla criminalità organizzata”. Carmelo e Venanzio Tripodo, figli del vecchio boss calabrese Mico, e i loro alleati sono i veri padroni di Fondi. Dove, scrive sempre Maroni, la normativa antimafia e antiriciclaggio non esiste quando si tratta di appalti pubblici. Dove anche la costruzione della nuova faraoinca sede comunale è stata fatta senza rispettare alcuna norma sulla trasparenza e le leggi antimafia. “L’associazione temporanea di imprese aggiudicataria dei lavori – si legge nella relazione del ministro dell’Interno – è risultata partecipata da una impresa coinvolta in un procedimento penale con indagati per gravi reati tra cui quello di associazione di tipo mafioso”.

Esulta il senatore Fazzone: “Oggi è stata fatta giustizia, ora la parola passa al popolo sovrano che potrà finalmente scegliere da chi farsi governare”. E ha ragione, perché grazie all’escamotage delle dimissioni, sindaco, assessori e consiglieri potranno ricandidarsi. La mafia è felice, i politici che con i fratelli Tripodo erano pappa e ciccia pure. E il senatore Fazzone, insieme al sindaco Parisella potranno continuare a fare affari. Come quello della Silo, un capannone industriale che ha ricevuto 2 miliardi di lire di finanziamento pubblico. Non ha mai prodotto alcunché, ma i terreni intorno hanno subito forti incrementi di valore grazie alle varianti al Prg. È grazie ai rapporti con la politica, scrivono i magistrati della procura antimafia di Roma che “i Tripodo riuscivano a radicarsi e a radicare i propri affari in un contesto territoriale non solo distante centinaia di chilometri dalle zone di origine, ma soprattutto riuscivano a ricreare meccanismi criminali propri dei contesti mafiosi”. Fondi come un paese dell’Aspromonte, dove vincono violenza, omertà e complicità eccellenti. Grazie alle quali Vincenzo Giarruzzo, “legato a Salvatore La Rosa esponente del clan Bellocco-Pesce di Rosarno e a Massimo di Fazio, socio e grande amico dell’ex assessore Izzi”, ha potuto costruire una vera e propria cittadina abusiva, con “concessioni totalmente illegittime”, visto che sull’area era stata già sfruttata tutta la volumetria edificabile. “In quel periodo non ero completamente lucido – fa mettere a verbale l’ex assessore Izzi, arrestato in un recente blitz – facevo uso di cocaina”. Chi erano I fratelli Tripodo lo racconta uno dei pentiti storici della mafia calabrese, Giacomo Lauro. “Trafficavano la droga portata da noi calabresi . I guadagni erano elevatissimi e venivano investiti in acquisto di immobili”. Ha vinto la mafia, hanno vinto il senatore Fazzone, il sindaco e gli assessori compiacenti. Tutto rimane come prima a Fondi.

da Il Fatto Quotidiano n°16 del 10 ottobre 2009

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