“Ci considerano uno strumento”. Già. Loro con le donne ci sanno fare. “Lei è più bella che intelligente” (Silvio Berlusconi). “Sei una zitella petulante” (Roberto Castelli). Assortimento di insulti in una solita serata di “Porta a Porta”. E lei, Rosy Bindi, si sveglia più donna e brillante che mai: “Sono felice perché   mi sono difesa con orgoglio e sono preoccupata per gli italiani: prima si corrompeva con il denaro, adesso si utilizzano le belle fanciulle. È inaccettabile”.   

Nessuna rettifica, nessun “mi avete frainteso” e neppure un mazzo di fiori. Anzi, per scusare il presidente del Consiglio, il sottosegretario Paolo Bonaiuti ha combinato un altro pasticcio. Una gaffe degna del capo: “Questi sono momenti di estrema concitazione, sono cose che possono succedere”. Il Pd si ricompone per esprimere solidarietà alla Bindi. Le donne sono le più sensibili e le più leste a dettare alle agenzie: Barbara Pollastrini, Marina Sereni, Anna Finocchiaro. Giovanna Melandri prova con l’ironia: “Il presidente è più alto che educato”. Anche gli uomini sono compatti, vicini e affettuosi con la Rosy sfregiata. Il capogruppo Antonello   Soro chiosa per i colleghi: “Rozzo e incivile”. Finalmente, ecco il Pd che insorge.   

Bindi, ma lei è offesa o no?   
“Ringrazio chi ha speso una parola per me e chi voleva e ha replicato l’errore (Bonaiuti? Ndr). Ma cosa potevamo aspettarci da Berlusconi? Non mi scalfisce, non può. Non sono una delle donne a sua disposizione, e dunque mi sono ribellata per arginarlo”.   

Non è in vendita.    “Mai. Il messaggio fa paura, l’idea che entra nelle case e nella testa degli italiani. Le donne non sono oggetti, anche se vogliono usarle al pari del denaro: il mezzo per un fine vergognoso. Che esempio ci mostra il presidente del Consiglio, colui che ha più poteri e visibilità degli altri?”.   

Dal video lei sembra quantomeno sorpresa.    
“Potevo immaginare la tensione di Berlusconi, aveva passato una brutta giornata… Certo, e questo sia chiaro, ha superato ogni limite di decenza. Donne, reagite!”.   

Il premier era nervoso, il telefono bollente, l’eloquio fluente: 
“Non sapevamo dell’intervento. Il fatto curioso è questo: stavamo registrando, eravamo in differita di poche ore. Qualcuno dallo studio l’avrà avvertito”.   

Gli avranno consigliato: “Presidente, qui c’è la Bindi che resiste”.
“Una volta al Quirinale, il giorno seguente un’altra trasmissione, Berlusconi mi disse che voleva chiamare perché i suoi non si stavano comportando bene, non neutralizzavano le mie accuse”.  

Nel salotto di Bruno Vespa c’erano alti ufficiali di governo e Pdl…     
“Erano in difficoltà. Davanti alla verità sono tutti in difficoltà. Se poi agli spettatori arriva l’unica versione del premier diventa difficile capire chi sta nel giusto e chi sbaglia. Non è servizio pubblico”.   

Cosa ha imparato dall’ultima violenza verbale del premier?
“Che non possiamo permetterci che Berlusconi sproloqui contro il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale e senza contradditorio, senza moderatori”.  

E Vespa cosa faceva, moderava, contraddiceva?  
“Beh, ripeteva spesso “si rende conto”. Era fermo”.  
 
E prudente.  
“Non ha sbagliato. Ma abbiamo bisogno di tanti giornalisti imparziali”.   

Siamo al pensiero unico.   
“Unico e sbagliato. Pensiamo alle donne adesso, coraggio!”.

Intervista di Carlo Tecce da Il Fatto Quotidiano n°14 del 9 ottobre 2009
 

L’antefatto video – da Porta a Porta 7 ottobre 2009 – 

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