Stanza numero 233. La porta del direttore è chiusa, presidiata da due segretarie vestite con gusto: una bionda, l’altra mora. Raffiche di profumo, calma apparente, Augusto Minzolini non c’è. I lunghi corridoi di Saxa Rubra sembrano disabitati, secondo piano della palazzina in fondo, la sala riunioni intitolata a Paolo Frajese è vuota: carte, brogliacci, nessun giornale. Sono le tre del pomeriggio, il primo telegiornale è andato: fango di Messina, servizio da Bruxelles sulle quote latte, il processo della Caffarella, l’oro della pallavolo. Alle dieci in punto la scaletta era sulla scrivania del montaggio, firmata da Minzolini, controfirmata dal vice Gennaro Sangiuliano, che da giovane militava nella destra più estrema. La sentenza sul Lodo Mondadori è dimenticata, sabato sera è stata infilata in un “vivo” (intervento del conduttore) di tre righe tre, all’occorrenza sarà ripresa dal verso giusto: ancora la magistratura canaglia, ancora le toghe che distraggono il presidente del Consiglio. Alle quattro i capi sono convocati per l’edizione delle 20. Mezz’ora prima, solitario, ecco Augusto Minzolini: stringe poche mani, e corre via verso l’ufficio di Fabrizio Ferragni . L’altro vice Claudio Fico, pupillo di Clemente Mimum, intravede il direttore e raddrizza la schiena sulla poltrona di pelle: sfoglia i quotidiani sul tavolo, Il Giornale e Libero, prende il telefono e non si stacca più. Sangiuliano istruisce la redattrice che dovrà confezionare un delicatissimo pezzo per la sera: “Mi raccomando, leggi bene Il Tempo a pagina 6. Fai riferimento all’articolo, facciamo un ritorno di questo tipo”. Il quotidiano di piazza Colonna apre con una foto di un sorridente Minzolini. Titolo: “Vogliono essere liberi. Ma attaccano chi li critica. Sinistra all’assalto”. La manifestazione di sabato ha infiammato i giornalisti, la parte più autonoma e più lontana da Minzolini ha sollecitato un Comunicato del comitato di redazione: Alessandra Mambelli, Claudio Pistola e Alessandro Gaeta hanno lottato l’intera notte tra sabato e domenica per far leggere a Tiziana Ferrario quelle poche righe scritte con orgoglio: “Il Tg1 non è mai stato schierato”. Nicoletta Manzione è il nuovo volto del Tg1, il mezzobusto che con Minzolini sbuca di frequente nelle case degli italiani. Sgranocchia dei salatini nell’angolo del caffè, non ha fretta: “Quanto dura l’incontro delle quattro? Mah. Mezz’ora, non di più”. Il telegiornale di Minzolini è confezionato in scioltezza, massimo trenta minuti: in riunione non si discute, non c’è motivo, non si può contestare il direttore che, circondato dai suoi yes man, detta la scaletta senza interruzioni. “La lista della spesa”. I dissidenti sono emarginati, le notizie più ruvide sono trattate in due maniere: o vengono ignorate o sono affidate a mani sicure. Sabato in piazza del Popolo c’era Laura Chimenti (quota Pdl) dell’Economia, i colleghi degli Interni erano a riposo, altri erano con la gente a protestare. “Io ero con il mio striscione, ero lì anche contro Minzolini”, ci sussurra, con la paura di farsi ascoltare, un giornalista. “Altrimenti avrei davvero vergogna a definirmi un dipendente Rai. Nelle mazzette ci arriva persino l’Osservatore Romano, ma dobbiamo ribellarci per avere un giornale di sinistra. Tifiamo per il nostro sindacato”. I membri del Cdr non si arrendono, ma sanno che il direttore non perdona. Nella redazione cultura c’è una maglia nera sulla sedia: “Siamo tutti farabutti”. Non ci sarà una rivoluzione collettiva, c’è chi resiste e chi s’è arreso: “E chi senza motivo o per una promessa segue la linea di Minzolini”, ci spiega un giornalista, vent’anni in Rai ma nessuna voglia di comparire. Minzolini può vantare una larga fiducia. I voti nel giorno dell’insediamento sono stati sorprendenti. Un inusuale plebiscito a Saxa Rubra: 100 sì, 50 no, 12 astenuti. “L’area è bonificata. Chi professa imparzialità è in esilio”. Lettera 22. Anche Luigi Monfredi ha rimosso la bandiera dei precari, ormai antichi furori di gioventù. Vi ricordate le genuflessioni a Silvio Berlusconi di Stefano Ziantoni a Unomattina: “Presidente, questa è casa sua”. Ziantoni si lamentava delle critiche del Cdr e in bacheca Monfredi e Stefano Campagna l’hanno incoraggiato: “Siamo solidali con te”. Campagna, Monfredi e il vice Sangiuliano e altri quindici giornalisti del Tg sono iscritti all’associazione di centrodestra Lettera 22, il controcanto ad Articolo 21 di Giuseppe Giulietti. Al compleanno di Lettera 22, l’aprile scorso, c’erano Fabrizio Cicchitto, Maurizio Gasparri e Alessio Butti. Tutti Pdl.

Torniamo a sabato. La Chimenti doveva smontare il corteo e Minzolini doveva annientarlo con l’editoriale. Per la seconda volta, dopo il no al gossip sugli scandali sessuali di Palazzo, il direttore ha chiamato una telecamera a sé. “Non abbiamo più dignità”. Sono le cinque, Minzolini ordina un caffè. Il Tg1 è pronto.

di Carlo Tecce da Il Fatto Quotidiano n°12 del 6 ottobre 2009

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