Dici San Teodoro (OT), dici Sardegna. Pensi alle splendide calette immerse nella vegetazione, tra le piante di mirto e quelle di ginepro, senza Valeria Marini o Noemi Letizia che ti saltano addosso in favore di fotografo. Le scogliere di granito e i tramonti all’ombra di Tavolara e Molara, isolotti circondati dal blu, senza flotte di navi dei carabinieri che proteggono la privacy del premier, o meglio, tutelano le sue perversioni per le minorenni o per le docce saffiche. Una parte di Sardegna che resiste all’uomo e al suo cemento, a Cappellacci e alle sue licenze decennali ai gestori degli ombrelloni che privatizzano e invadono le spiagge.

Un gioiello che grazie all’istituzione dell’Area Marina Protetta, ha prima salvato, poi recuperato e oggi ripopolato gli splendidi fondali, in cui ormai barracuda, cernie e branchi di coloratissimi pesci sono all’ordine del giorno e attirano nell’isola migliaia di subacquei ogni anno. L’area, tutelata dal Ministero dell’Ambiente, è stata suddivisa in tre zone: rossa, riserva integrale, gialla, riserva generale, e azzurra, riserva parziale. All’ingresso di ogni accesso al mare, un grande cartello ti ricorda i divieti, e ti prega di preservare il paradiso naturale. Inoltre, la Capitaneria di Porto di Olbia, anche nelle zone B e C, ha vietato l’ancoraggio, salvo che sui fondali sabbiosi o ciottolosi nelle aree apposite e la pesca subacquea, le moto ad acqua e gli sport acquatici con l’uso di attrezzature a rimorchio. E l’omino con il fucile sbarrato, è sempre il primo dei divieti. La stessa Guardia Costiera che ogni anno invita, con tanto di spot televisivi, a denunciare eventuali abusi, a segnalare infrazioni che potrebbero arrecare danno al patrimonio sardo. In teoria, chi non lo fa, è omissivo. Quando vieni in Sardegna ogni anno, quando con la maschera e il boccaglio ti immergi nel mondo popolato da posidonie, occhiate, saraghi e murene, impari ad amarla e ad esserne geloso, come se stessi accanto alla donna più bella del mondo minacciata dagli sguardi dei maschioni isolani. Così quando mi è capitato di sorprendere i terroristi dei mari, ho sempre preso il telefono e chiamato la Capitaneria, rendendomi disponibile, qualora fossero intervenuti, a firmare una denuncia.

Le infrazioni più comuni, alla faccia dell’Area protetta, sono l’uso del fucile subacqueo e l’asportazione di materiale protetto, come le rare stelle marine e l’ancoraggio ad un metro dalla battigia. Già lo scorso anno avevo segnalato il fatto che una squadraccia di toscani stesse setacciando il fondale a pochi metri dalla riva, facendo strage di polpi e slalom tra i bagnanti con i loro arpioni appuntiti. D’altronde è come sparare in un metro quadro popolato da mille conigli con proiettili a pallettoni. Fornisco le mie generalità, il mio recapito e vengo rassicurato sull’intervento di una squadra. Dopo qualche secondo suona il telefonino. «Si?». «No, è la Guardia Costiera, volevamo controllare se il recapito era suo» mi dicono con accento sardo-bolzanino. «Mandate qualcuno o no?». «Certo». Quella sera non arrivò nessuno, e io, il denunciante tradito, mesto tornai a casa.

Ora torniamo all’anno del signore 2009. Due giorni fa, nella splendida micro spiaggia di Cala Ginepro, ecco un altro predone armato. Questa volta è sardo. Se non gliene frega nulla a lui della sua terra, figuriamoci agli altri. La venerea moglie allatta il figlioletto sotto l’ombrellone e lui si perde tra i flutti. Prendo il telefonino. Solita procedura: «le mandiamo subito qualcuno». «Grazie, tra l’altro è pieno di bambini qui». Grazie al dio dei mari, il sardo esce mesto e a mani vuote dall’acqua, dopo aver sparato un paio di colpi in aria per dare spettacolo. Pericoloso? Ma quando mai! Anche questa volta, naturalmente, nessuna candida divisa giunge a punire il pirata dei Caraibi. Ultima parte della vacanza divenuta un’inchiesta sui controlli costieri: ieri, un gruppo di decerebrati romani inizia dalle prime ore del pomeriggio a infrangere tutte le regole, una dietro l’altra. Prima raccolgono due stelle marine e le portano fuori dall’acqua, per le foto in posa e per vantarsi con le donzelle (dico io, prova a prendere una murena con le mani, maledetto capitolino). Poi con il solito fucile sterminatore si lanciano all’attacco della fauna, portando a casa due-tre pesci abbastanza in carne. Il petto del pescatore oramai sfiora il cielo a fronte delle facce stupite delle donne. Solita mesta scena: chiamo, fornisco i miei dati, e dico che se questa volta non mandano nessuno li denuncio. «Guardi, le assicuro che pomeriggio le mando qualcuno». Già, l’uomo invisibile in effetti arriva, ma purtroppo lo perdo di vista.

I romani, guidati dal gladiatore con panza e maglietta dell’Italia, pregustano già la grigliata. E io provo a sperare che o il mare o il meccanismo del fucile facciano qualcosa, tipo incepparsi e sparare all’indietro. Niente, la grigliata si farà. Un consiglio: se in Sardegna avvistate qualche reato, qualcuno che pesca con il fucile, non chiamate la Guardia Costiera, ma unitevi a lui, magari un’orata o una spigoletta ve la regala.

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