Sull’asse Milano-Palermo non sarà un’estate serena. C’è un troncone tutto siculo dell’inchiesta milanese sui derivati venduti alle pubbliche amministrazioni che rischia di rovinare le vacanze a un pugno di banchieri, mediatori e grand commis. Tutti personaggi che hanno avuto a che fare con cartolarizzazioni e derivati venduti dalle banche d’affari straniere alla Regione Sicilia durante il lungo regno di Salvatore Cuffaro. Secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, tra gli avvisi di garanzia notificati la scorsa settimana dalla Procura di Milano (pm Alfredo Robledo), ve ne sarebbero almeno un paio che fanno tremare la Palermo che conta: sono quelli spediti ai consulenti Marcello Massinelli e Calogero “Fulvio” Reina. Due professionisti riservati, molto ben introdotti nella Milano degli affari, ma tuttora al centro del sistema di potere siciliano che ha ruotato per anni intorno a “Totò vasa vasa” e che, oggi, tenta di ricostituirsi intorno ad Angelino Alfano. Il reato per i quali sono indagati Massinelli e Reina è la corruzione aggravata, perché nel 2003 avrebbero “giocato sporco” nell’assicurare ai giapponesi di Nomura la regìa di una cartolarizzazione di crediti sanitari per la stratosferica cifra di 655 milioni di euro. Chi abbiano corrotto in concreto, secondo le ipotesi investigative di Milano, non è ancora noto. Ma visto il loro elevato livello di rapporti, è difficile che un’operazione del genere sia stata gestita solo con qualche ragioniere di Palazzo d’Orleans. O che, peggio, si siano corrotti da soli come il mitico avvocato inglese David Mills.

La storia comincia agli inizi degli anni Novanta a Milano, all’università. Dalla Bocconi e dalla Cattolica esce un pugno di ragazzi siciliani studiosissimi e dalla faccia pulita, che le famiglie hanno avuto l’intelligenza di mandare in Continente perché il loro curriculum sia solido e specchiato. Tra di loro, si conoscono bene, si aiutano e si frequentano la sera. Ci sono i rampolli di politici democristiani come Angelino Alfano, futuro ministro di Giustizia, discendenti di professionisti palermitani e figli di nessuno come Marcello Massinelli, che si mantiene in Bocconi quasi da solo e al quale gli amici offrono volentieri la pizza. Li tiene insieme la voglia di emergere in una città che a stento ha sdoganato i Ligresti, che tuttora guarda a bocca storta Gaetano Miccichè, numero tre di Intesa Sanpaolo, solo perché è il fratello (riservato) di Gianfrancuccio e non viene dalla scuola Comit. E li cementa l’educazione cattolica, la diffidenza per la stagione di Mani Pulite, la convinzione che chi verrà dopo i Craxi e gli Andreotti non sia tanto meglio dei predecessori. Una volta laureati, ognuno prende la sua strada lontano dalla Sicilia: chi fa l’avvocato tra Roma e Milano, chi entra in banca, chi si dedica al mercato immobiliare, chi sogna di lavorare per le banche d’affari straniere. Uno. Alfano, farà molta strada a Roma.

Poi però, quando sei bravo, pulito e sveglio, alla fine in Sicilia ci torni non solo per andare al mare. L’emblema di queste carriere è proprio Massinelli, classe 1971, uno che per Totò Cuffaro vale tanto oro quanto pesa. Il presidente della Sicilia sta indebitando la sua Regione come un pazzo, non dice no a nessuno, sfonda ogni tipo di tetto alla spesa sanitaria nella convinzione assolutamente esatta, che più grave sarà il bubbone e più verrà salvato dal governo di Roma con i soldi dei contribuenti. La Sicilia, non a caso, è la terra del mitico 61 a zero per il Polo alle Politiche del 2001 e sarà di lì in poi l’ago della bilancia elettorale. Con la mafia che non spara più, il potere vero è nelle mani di chi ha i cordoni della spesa pubblica.

Cuffaro mette alla prova Massinelli, che gli fa anche da mandatario elettorale, spedendolo in varie poltrone di sottogoverno regionale, dagli acquedotti alle finanziarie pubbliche, passando per gli aeroporti, e ne apprezza le doti uniche: onesto, competente, aggiornatissimo, svelto e tecnicamente capace di imbastire qualunque operazione finanziaria. Lo infila nel consiglio d’amministrazione del Banco di Sicilia, dove entra a far parte della cordata di Salvatore Mancuso: il siciliano che ha fatto maggior fortuna a Milano e che la Procura ritiene oggi “l’amministratore di fatto” (per conto delle banche) della Risanamento di Luigi Zunino, schiacciata da 3 miliardi di debito.

Mancuso e Massinelli si scontreranno con Alessandro Profumo dopo la fusione Capitalia-Unicredit e la politica siciliana li stimerà ancor di più per come hanno resistito fino all’ultimo all’invasore milanese. Non è un caso, forse, che tutta la squadra di Mancuso sia in ottimi rapporti con Intesa, grande competitor di Unicredit e teatro della grande ascesa di Miccichè senior.

Massinelli però ha una marcia in più e si mette in proprio già nel 1997 con la Rossini srl, piccola boutique finanziaria nata “con l’obiettivo di fornire consulenza e assistenza a banche internazionali di primaria importanza nel rapporto con le Pubbliche Amministrazioni”, come si legge sul loro scarno sito Internet. Che non sia il braccio finanziario dell’amico Cuffaro, ma uno che si muove benissimo anche da solo, è provato dal fatto che lavora parecchio lontano dalla Sicilia e si conquista la fiducia anche degli gnomi del Credit Suisse, già nel ’97. Non solo, a onor del vero, bisogna ricordare che la storia delle cartolarizzazioni siciliane parte ben prima di Cuffaro, quando ci sono ancora le pericolanti e fragili giunte di centrosinistra.

Massinelli ha un solo socio e compagno: Calogero Reina, detto Fulvio perché in certi salotti con la puzza sotto il naso è meglio così. “Fulvio” ha qualche anno in più, non è tecnicamente preparato come Marcello, ma è figlio dell’ex senatore socialista Giuseppe Reina. Lui sta alla larga dalla politica fatta in prima persona: ha visto che ha sofferto il padre per l’amicizia con Calogero Mannino e si occupa di affari immobiliari e di finanziamenti. Ha un carnet di relazioni notevolissimo ed è proprio quello che ci vuole per un tecnico come Massinelli. La loro società ha sede a Palermo e uffici a Milano. Il colpo della vita è la consulenza per i giapponesi di Nomura, che all’inizio degli anni Duemila vogliono entrare in forza nel ricco mercato delle cartolarizzazioni e dei derivati italiani. E’ un pascolo da oltre 50 miliardi di euro, con la garanzia di avere a che fare quasi sempre con amministratori che non distinguono un finanziamento da un attivo patrimoniale e in più, ragionano più per competenza che per cassa. Non solo, se anche capiscono che stanno indebitando il loro ente fino ai nipoti, tanto meglio: non saranno loro a pagarne il dazio elettorale.

Cuffaro è un medico molto furbo e, a differenza di molti suoi colleghi del Nord, ha il tecnico giusto per le mani – Massinelli – e uno strumento perfetto a disposizione: i consigli della Rossini. Così nel 2003 affida quel contratto da 655 milioni ai giapponesi di Nomura, i cui consulenti sono chi?

Ma è ovvio, Massinelli e Reina jr. “Quella dei crediti sanitari siciliani è una delle poche cartolarizzazioni che è stata un affare anche per le casse pubbliche”, spiega un banchiere che chiede di restare anonimo per ovvie ragioni. In effetti, pare pensarla così anche la Procura di Palermo, che sul tema “derivati” è ferma inchiodata. E forse è d’accordo anche quella di Milano, che altrimenti avrebbe contestato ai due “golden boy” della Rossini quantomeno la truffa, come avvenuto per i derivati venduti alla Giunta Albertini. Ma se non c’è l’evidenza del danno, difficile ipotizzare la truffa. Forse è poco elegante che Massinelli sia stato contemporaneamente consulente del venditore Nomura e del compratore Regione, ma questo non è un problema suo. Semmai, dimostra una volta di più l’impreparazione dei pubblici amministratori nel maneggiare i soldi di tutti.

A Torino, altra città dove Comune e Regione sono seduti su una bomba a orologeria confezionata da Merrill Lynch, la Procura ha già archiviato tutto sulla base della considerazione che finchè non emerge il danno, è impossibile contestare la truffa. Un’impostazione di apprezzabile garantismo, ma che forse sconta una scarsa comprensione dei meccanismi di continua rinegoziazione degli swap: frutto di ottime commissioni bancarie per chi rimodula il debito, ma anche garanzia di spostamento della polvere sotto il tappeto fino al 2034, o giù di lì.

A Palermo, nel 2003, le cose invece filano tutte lisce: Nomura piazza il colpo, la Regione chiude una mezza voragine finanziaria, la Rossini sta in mezzo e si becca una provvigione da otto milioni e fischia. Massinelli e Reina la incassano estero su estero da Nomura, come è uso fare in questi casi.

A questo punto c’è da rispondere a una domanda: che c’entrano quegli impiccioni della Guardia di Finanza di Milano, diretti dal pm Robledo? Ebbene, la colpa del non lieto fine è di quest’amore dei siciliani per bene per la capitale finanziaria italiana. Anche Massinelli e Reina mettono la sede della Rossini all’ombra della Madonnina per qualche mese. E questo basta a radicare la competenza della magistratura milanese. Il resto lo fa la crisi internazionale delle banche d’affari. Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, tutte le banche licenziano in massa i loro “venditori”. Il mercato delle Pubbliche amministrazioni italiane è già stato ampiamente spremuto, qualche fattaccio è venuto fuori grazie a Report, su Rai3, e allora si chiudono in fretta i “desk” che avevano base a Londra, ma operatività concreta da Palermo a Bolzano. Non tutti ci stanno ed è così che Robledo ha la fila di ex banchieri “stranieri” davanti alla porta, pronti a spiegare che è successo davvero negli anni della finanza spericolata.

Poco prima di Natale, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, la Procura di Milano avrebbe spedito una rogatoria in Svizzera per sapere dai colleghi elvetici se per caso Massinelli e Reina avessero conti bancari segreti. Lo vogliono scoprire per vedere se per caso hanno retrocesso parte dei loro compensi non solo ai top manager di Nomura che hanno dato loro la consulenza (succede spesso, nel settore) , ma soprattutto per controllare che neppure un euro sia finito a pubblici amministratori siciliani.

La rogatoria indica il reato di “corruzione contro ignoti”, una bizzarrìa che vi spiegheremo domani.

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