Settantamila tessere tra Napoli e provincia, più di un decimo delle 600mila adesioni raccolte in tutta Italia. Ma ci sono comuni nel napoletano dove il numero degli iscritti è superiore a quello dei voti ricevuti alle elezioni provinciali. Dati che fanno del Pd partenopeo un caso nazionale. In negativo. Un tesserificio di democristiana memoria, che però, al contrario della Dc, colleziona sconfitte e figuracce. Terribile quella alle elezioni provinciali di Napoli, con il Pd inchiodato al 19% e il candidato democrat Luigi Nicolais quasi doppiato dal pidiellino Luigi Cesaro. Il tutto nell’indifferenza dei dirigenti locali e dei signori delle tessere. Sempre pronti a minimizzare, sopire, fare distinguo. E a rivendicare la correttezza di un tesseramento anomalo, i cui numeri mostruosi hanno indotto uno dei candidati alla segreteria nazionale, Ignazio Marino, a chiedere un commissario che verifichi la legittimità delle procedure.

Ma come si arriva a realizzare il poco invidiabile record del più alto numero di tessere abbinato a un consenso nelle urne in caduta libera? Le tecniche delle ‘campagne di adesione’ – chiamiamole così – secondo quanto rivelato da alcuni dirigenti e segretari di periferia, a condizione di mantenere l’anonimato, sono un mix di vecchi metodi contaminati da un uso oculato e scientifico del telefono e del computer. Premessa: a differenza della Dc di gavianea memoria, nel Pd napoletano vengono iscritte solo persone vive. Come?
Il primo metodo, il più classico, il più usato, è il ‘porta a porta’. I capibastone mandano gli uomini della loro corrente a perlustrare il territorio, ordinando un tot di adesioni: “Dal comune x vogliamo cento tessere”. Di solito il numero è scelto a tavolino, nel tentativo di non esagerare: quando le iscrizioni superano il 25% del numero dei voti raccolti alle elezioni politiche del 2008, il circolo viene messo sotto osservazione e il tesseramento rischia di essere invalidato. Lo sherpa fa il giro dei caseggiati, dei bar, delle associazioni dove è conosciuto. Incontra, parla, bussa alle porte dei parenti, degli amici, dei parenti degli amici e degli amici degli amici. Si preoccupa di informarli dell’indirizzo e degli orari di apertura al pubblico del circolo dove devono recarsi per formalizzare l’iscrizione. E fissa un appuntamento lì, per essere presente al momento della compilazione della tessera. All’ ‘iscritto’ viene anche chiesto di segnalare qualche nome col quale proseguire la catena di Sant’Antonio delle adesioni. E’ un militante che crede nel progetto del Pd? Nossignore, è solo un povero cristo che non vuole inimicarsi un piccolo potente del luogo e dice sì a un favore che non gli costa quasi nulla. Poi chissà cosa voterà.

C’è poi il telefono. Un metodo fruttuoso, costa meno fatica e rende molto. Il commissario provinciale del Pd napoletano Enrico Morando ne rivelò i dettagli a un quotidiano nazionale, spiegando un episodio cui aveva assistito a dicembre: “Arrivo in questo circolo e vedo che telefonano dicendo di andare ad iscriversi. Vedo che seguono degli elenchi. Chiedo: sono gli elenchi delle primarie 2007? Risposta: no, degli iscritti Ds e Margherita. Ed escludo di aver visto un’eccezione, ma la regola”. La persona che riceve la chiamata quasi sempre si reca al circolo e aderisce. E’ un militante che crede nel progetto del Pd? A sentire Luigi Cimmino, presidente della commissione di garanzia del tesseramento della federazione napoletana, parrebbe di no: “Purtroppo – sospira – da queste parti la politica, insieme all’ente pubblico, è ancora il principale ufficio di collocamento”. Come dire: chi si iscrive così, lo fa nella speranza di riceverne prima o poi un tornaconto. Altre banche dati a cui i circoli Pd attingono: le fotocopie degli elenchi delle primarie 2007 (quei pochi fortunati che le hanno), gli iscritti ai patronati, i clienti di studi legali specializzati in infortunistica e cause di lavoro, e qualsiasi elenco che si riesca ad afferrare grazie al controllo di un assessorato o di una municipalizzata.

Infine ci sono gli archivi dei signori delle tessere. Quelli loro, personali. Costruiti in anni di attività politica. Ci sono consiglieri regionali che poco alla volta hanno elaborato file excel con decine di migliaia di nomi, indirizzi, numeri di cellulare, posta elettronica. Sulla scrivania di uno di loro campeggia un librone di circa 700 pagine, coi nomi in ordine alfabetico. A Natale, serve per mandare gli auguri. Prima dei congressi, serve per rimettere in moto il tesserificio. Le persone iscritte su input diretto del capobastone sono militanti che credono nel progetto del Pd? No, sono solo vassalli che hanno chiesto un piacere, attendono una risposta a una pratica, hanno segnalato il figlio per un concorso. Gente che non può dire no, ma che a stento va a votare.

Dice Michele Caiazzo, consigliere regionale del Pd, autore di uno studio che analizza i flussi elettorali del Pd napoletano alle provinciali e alle europee, dal quale è emerso che a Visciano, Casamarciano, San Giuseppe Vesuviano e Pimonte il numero delle tessere ha superato quello dei voti: “Occorre vigilare ed intervenire per ripristinare il rispetto delle regole in quelle realtà in cui ‘infiltrati’ si iscrivono, o vengono iscritti, al Pd non perché credono nel progetto ispiratore ma perché “danno peso” a questo o quel gruppo”. Traduzione: basta coi signori delle tessere la cui principale preoccupazione è acquisire potere all’interno del partito, mentre gli elettori scappano.

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